| Per vincere nel poker stile di gioco, strategia e istinto. |
Uno dei consigli più in voga e tra i più antichi è di giocare usando l'istinto. Come molte frasi fatte sembra molto più semplice di quello che è. Il nostro istinto potrebbe essere in contrasto con la strategia che ci siamo imposti per una specifica partita, una strategia che magari siamo stati ore, giorni a decidere di perfezionare e utilizzare al tavolo. Quando possiamo quindi fidarci davvero del nostro istinto?
Un giocatore che basa il suo gioco unicamente sulle sensazioni, che non calcola le pot odds, né pensa in termini di range, né si interessa al valore delle mani più significative, direbbe che bisogna fidarsi esclusivamente all'istinto, e di null'altro. E' molto difficile diventare un giocatore vincente in questo modo. Un giocatore invece puramente matematico, che non tenta mai di leggere l'avversario, direbbe d'altra parte che dell'istinto non c'è ne bisogno, e che certamente non occorre utilizzarlo e affidarci. Anche in questo modo è molto difficile diventare un vincente, anche se l'approccio puramente matematico vi ci porterà prima di quello puramente istintivo. La maggior parte dei giocatori di successo combinano elementi di entrambi gli approcci, anche se magari si basano su uno più che sull'altro. La questione di quanto credito in modo esatto si dovesse dare alle sensazioni è difficile per tutti. Chi si basa solo sulla matematica, di certo questo solo non basta, per diventare dei forti giocatori, occorre anche saper fare delle buone letture agli avversari. Cosa fare se le letture vanno contro la matematica? La linea di base è che più quello che ci dice la matematica è chiaro ed inequivocabile, meno importanza dobbiamo dare all'istinto. Facciamo un esempio, se qualcuno in un torneo va all-in per 300 mila fiches su un piatto da 150 mila, dovrebbe praticamente mostrarci le sue carte perché si decida di chiamare senza il nuts (mano sicuramente vincente). In effetti non si deve dare ascolto all'istinto quando gli avversari puntano il piatto, o più. D'altra parte, se qualcuno invece punta 100 su un piatto di 2000 al river, ed abbiamo un'idea anche vaga che stia bluffando, chiamiamo. Di certo l'istinto avrà ragione abbastanza spesso da giustificare il call. Ogni che le puntate avversarie sono minori di metà piatto le sensazioni avranno molta più importanza. La questione si fa invece più complessa quando le puntate sono più ragionevoli. In questi casi si deve prima decidere quanto è forte la nostra lettura dell'avversario, e poi combinarla con l'analisi matematica. Più fiduciose sono le nostre impressioni, più è probabile è seguirle, la difficoltà è decidere dové il confine. Quando siamo molto tempo per decidere la mossa da fare, di solito è perché stiamo tentando di conciliare la strategia e la lettura. Ecco un esempio di decisione di questo tipo, tratta da una mano giocata recentemente in un torneo di Texas Hold'em No Limit. Con i bui a 400 (small blind), 800 (big blind) e ante 75, ha aperto la posizione arretrata con Q-10 offsuit (chiameremo Marco). Il piccolo buio, un giocatore non conosciuto, ha chiamato. Il flop 10-4-2 di tre semi diversi, ed il piccolo buio ha passato. Marco ha puntato 2500, e l'altro ha chiamato. Il turn era un Jack, ancora di un diverso seme. L'altro ha passato ancora, e Marco ha puntato di nuovo, questa volta 6000 fiches, e l'altro continua a chiamare. Il river era un 5, e l'atro giocatore ha mandato i resti per 18.000 in un piatto di 25.000, Marco gli stava sopra per circa 1.0000. Marco ha pensato che la puntata puzzava di pesce. Cosa doveva fare? Credo che la scelta giusta in questa situazione sia di lasciare. Se Marco gioca bene, il range con cui punta al turn è correttamente diviso tra bluff e value bet, e Q-10 è una delle amni più deboli con cui si possa puntare per valore. Ci sono moltissime altre mani nel range di value bet al turn con cui si può chiamare la river. Sarebbe meno ottimale, secondo me, chiamare là con una mano debole come Q-10. Attenzione non dimentichiamo la lettura. La puntata puzzava di pesce. Quindi? Che significa? Marco non aveva giocato con il piccolo buio abbastanza a lungo da avere un'idea dei suoi schemi di puntate. Ma basandosi sugli schemi generali del poker, e sul suo istinto mentre era seduto al tavolo, Marco aveva pensato che l'altro aveva una probabilità di essere in bluff più alta di quella ottimale. Secondo me è questo che significa "puzza di pesce". Anche cosi tradotta, la situazione rimane difficile. Quanto è affidabile questa sensazione? Se si è esperti nella lettura del linguaggio del corpo, ed i propri istinti non sono stati perfezionati nel corso di migliaia di ore di gioco, ed hanno dato prova di essere incredibilmente accurati, è chiaro che la scelta migliore è chiamare. Se al contrario non avete giocato molto dal vivo, ed anche il vostro istinto non è perfettamente affidabile, allora è meglio semplicemente lasciare. Marco rientra nella seconda descrizione, quindi il consiglio è di lasciare. Anche un giocatore con più esperienza di Marco, in questo caso dovrebbe lasciare. Ci fidiamo un poco del nostro istinto, ma una puntata di tre quarti del piatto non deve solo puzzare di pesce, per chiamarla basandoci unicamente alle sensazioni, ma deve puzzare terribilmente. La fine triste della mano è che Marco ha lasciato e l'avversario ha mostrato K-Q offsuit, sproloquiando con qualche commento sa super uomo. Anche se al momento non de essergli sembrato così, l'esperienza è stata positiva per Marco. Il suo istinto ne ha infatti ricevuto una conferma ed ora può affidarsi ad esso un pochino di più. Quella tra istinto e strategia predeterminata è una delle grandi tensioni del poker. Spero che con questi pochi ma importanti suggerimenti, vi abbia dato un'idea migliore di come utilizzarle in combinazione, per avere più armi vincenti al tavolo. Altri articoli. |
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